martedì 29 dicembre 2015

E pace in terra agli orsetti di buona volontà

Natale non aiuta il mio fragile sentimento di adultitudine.
Sarà l’essere seduta costantemente al tavolo dei bambini, anche se adesso il più piccolo di noi ha 18 anni. Saranno le nonne che continuano a pizzicarmi le guanciotte, o a darmi pacchette sulla schiena dopo che ho bevuto l’acqua. O Madre e padre che vogliono essere avvisati circa i miei movimenti, quando arrivo nei posti (“Mi chiami quando arrivi?” “Madre, vado a casa dell’amica storica, a 2 minuti a piedi”, “sì, ma tu chiama”). Sarà dormire nella cameretta, immutabile da quando ho 12 anni, verde pistacchio e rosa, con ancora appesi i poster dei miei 17 anni. Saranno tutte queste cose.
Sarà anche che non mi devo preoccupare di cucinare, ma il cibo è già lì pronto. O che madre si è messa a ridere quando mi sono proposta di aiutarla in cucina. E poi ha telefonato a mia zia per raccontarglielo. E ridevano al telefono. E poi è arrivata mia Nonna, ha voluto sapere perché ridessero, glielo hanno detto e si è messa a ridere anche lei. Insomma, avete capito.
Sarà che il pigiama con il quale dormo qui ha sopra degli orsetti che sciano.
Eppure…
Eppure le amiche di mia madre non fanno altro che dirmi che “bella giovane donna” io sia diventata. Eppure mi trovo a proteggere i miei nonni dalle brutture che capitano. Eppure mi trovo a sollevare i carichi pesanti per Madre.
E se l’adultitudine non fosse una cosa che ti trovi addosso all'improvviso, ma un processo che arriva piano piano?
Non lo so. Domanda troppo difficile. Mi rimetto addosso gli orsetti e ci penso.




sabato 19 dicembre 2015

Pensavo fosse amore, invece era l'impasto

Infilo le chiavi nella toppa. O meglio, ci riesco al terzo tentativo, perché se misurassero il quoziente intellettivo dalla capacità di infilare la chiave al primo colpo, beh, io mi porrei più o meno al livello delle meduse. Che non hanno cervello. Comunque. Entro in casa e sento rumori sospetti dalla cucina. Ci sono varie possibilità.
a)      Sorella è rientrata e sta cucinando. 
b)      La mia fata madrina è apparsa e sta cucinando.
c)       Un procione si è introdotto in casa alla ricerca di cibo. Disperato da quanto poco avesse da offrire il frigo, ha fatto la spesa e sta cucinando. Amico procione.
Stranamente, però, è mia sorella che spignatta. O meglio, sta preparando i muffin, munita di grembiule con ochette e fiocchi rosa. Faccio appena in tempo a chiudere le mie fauci a vuoto dove prima c’era l’impasto, che lei inforna.
-Non sono per te.
- E  per chi sono?
-Per i miei compagni di università.
- Ma... ma... ma…
-Ne ho fatto uno a testa per noi due dopo, tranquilla.
Non fidandomi della parola di mia sorella, continuo a volteggiare attorno al forno, fino a quando non vengo spedita gentilmente fuori dai piedi. Obbedisco.
Il timer del forno non fa in tempo a smettere di fumare che io sono già in cucina, seduta al tavolo, la tovaglietta davanti. Sorella sospira e mi mette avanti un rotondissmo, doratissimo, cioccolatississimo muffin. Mi preparo all’attacco, ma vengo fermata.
-Ferma che è bollente. Aspetta.

-Ok, adesso si è raffreddato.
All’ok, stavo già mangiando. Cibo, cibo vero cucinato da qualcuno che sa dosare sale, zucchero e ingredienti, non che misurare tempi di cottura veritieri. Sorella mi guarda compiaciuta.
-Ti piace?
-Si. Si. Si.
-L’impasto? Ti sembra strano?
-No.
-Perfetto.
Sorella estrae il cellulare e manda un messaggio vocale agli amici.
-Ragazzi, per i muffin tutto ok. Non mi fidavo dell’impasto, ma mia sorella sta mangiando e non sembra avere problemi di sorta.
Silenzio.
-Mi hai usato come cavia?
-No, come assaggiatrice. Era buono no?
-…
-…
- Tu e le ochette del tuo grembiule vi beffate di me.


lunedì 14 dicembre 2015

Non solo i gatti hanno paura dell'aspirapolvere

Fine agosto. Giorno 3 della convivenza. L’adultitudine prevede pulizie di casa a cadenze fisse. Io e Sorella siamo pronte. Per evitare bagni di sangue, seguiremo un rigido sistema di rotazione. Che oggi prevede io passi l’aspirapolvere prima che lei lavi i pavimenti. Sorella abita da due anni in questa casa, ormai ha un grado di autonomia nelle pulizie tale che potrebbe farle a occhi chiusi. Sa quale battiscopa è l’acattapolvere preferenziale, l’angolatura giusta per infilarsi a pulire l’angolo infame tra i sanitari.
Sono una recluta, l’aspirapolvere è la cosa nella quale mia sorella ha pensato potessi fare meno danni. Ha great expectations. Non la deluderò.
Dopo qualche problemino tecnico, in cui ho scoperto che quello che credevo fosse il tasto di accensione del suo aspirapolvere, in realtà è quello che sgancia il sacchetto, sono pronta. Non ho mai passato l’aspirapolvere in maniera così accurata.  E cantando con tanto gusto I want to break free.


Finisco e, con l’anima in pace, mi posizione sul divano, io e il mio Netflix. Poi sento uno squittio dal bagno. Cresce di intensità e raggiunge livelli di ultrasuoni tali che un paio di allarmi scattano, i cani abbaiano e gli stormi volano via dagli alberi. Nela frequenza che riesco a captare, percepisco qualche lettera sparsa del mio nome. Saggiamente, decido di avvicinarmi con cautela. Sorella è lì, che, iperventilando, mi indica dei capelli sul pavimento.
La guardo.
Mi guarda.
Prende un respiro profondo, vedo passare nella sua mente immagini calme e rilassanti. Entra in modalità educatrice.
-e questi?
-…
-non andiamo bene. Se passi l’aspirapolvere lo devi fare per bene.
-ma ti giuro che sono stata attentissima.
-Guarda che non mi devi prendere in giro.  Non sei stata approfondita nelle pulizie e adesso la ripassi.
-Ma non c’era niente, ti giuro.
Comincia l’escalation dei toni, recriminazioni che partono da quella volta che alle elementari le rubai la merenda e arrivano all’ingiustizia del mio metabolismo lento in confronto al suo.  C’è un momento di pausa, musica da Mezzogiorno di fuoco in sottofondo, tutte e due prendiamo fiato e…
Un   singolo   capello

  si   stacca   dalla   mia   testa   e
 
  volteggia,   

 delicato,  

 leggero, 

  in   un   moto   a   spirale,

  fino   a   quando   si   poggia,

  lieve

sul   pavimento.

Silenzio.
-Tu da domani giri per casa con la cuffia da doccia in testa.
-…
-…
-Vado a prendere l’aspirapolvere.

-E poi porta i tuoi capelli da un’altra parte.

venerdì 11 dicembre 2015

Dolci risvegli

Mattina. Ore:6.00.
Dormiveglia. La consapevolezza di un’altra giornata faticosa. Il caldo abbraccio del piumone. Sapere di avere ancora a disposizione una mezz’oretta di silenzio e pace. E poi voci in tedesco. Nella stanza. Al mio fianco. Scarica di adrenalina, scatto a sedere. Accanto a me, sorella guarda questo video su youtube. Senza cuffie. Volume al massimo.
-Sorella, che organo genitale maschile fai?
- Guardo il video.
-Alle sei del mattino?
-Si.
-Ma sei una…
-Pensavo fossi sveglia, ho sentito che ti muovevi. Rimettiti a dormire.
Stizzita, recupero il cellulare, la vestaglia e sfido il freddo del mondo al di fuori del piumone. Con mezz’ora d’anticipo. In cucina, imbisciata come poche volte nella vita, metto su la caffettiera. Dalla camera non si sente più nulla. Si sarà rimessa a dormire. Lo fa, lo fa, ne è capace.
Aspetto ancora una decina di minuti. E poi sparo lo stesso video al massimo del volume. Dal pc, che ha le casse più potenti.
Mi arriva un messaggio su Whatsapp.
Ti stai vendicando?

Si.

Sei una personcina astiosa. È un bellissimo video natalizio.

L’anziano signore è un mattacchione.

Stiamo messaggiando a meno di sette metri di distanza.

La colpa è tua.

Il caffè è pronto?

Si.

Mi sto alzando.

Sciabattare pallido e assorto. Sorella emerge nel vano della porta e si dirige tronfia verso la caffettiera.
-Se lo facessi ogni mattina, sarebbe un buon modo per trovare il caffè pronto.
-O per non arrivare a Natale con tutti gli arti che madre natura ti ha fornito alla nascita.
-E pace in terra agli uomini di buona volontà.

Sciabatta verso il bagno. 

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domenica 6 dicembre 2015

In principio fu il trasloco

Ultima settimana di agosto. Madre e io osserviamo gli scatoloni, pieni di vestiti e masserizie. Tre due settimane mi trasferirò a vivere con Sorella. Ho passato l’ultimo mese a casa, in puglia, in una zona grigia tra traslochi. Dopo 5 anni in residenza universitaria a Roma, andrò a vivere in appartamento a Milano, con Sorella. Laurea alle spalle, master in arrivo.
Madre osserva gli scatoloni. Nella sua testa vedo in successione soddisfazione per i vestiti piegati perfettamente, sgomento per la quantità di scatoloni, esasperazione per la mia incapacità di viaggiare leggera.
-Mi sembra tutto.
-Già.
- Figlia, è il momento che io ti parli di una cosa.
-madre, di quello abbiamo parlato quando ti ho chiesto come nascessero i bambini, alla tenera età di cinque anni.
Madre ringhia sommessamente, maledicendo il mio pessimo senso dell’umorismo. Padre, da cui ho ereditato suddetto humor, si trova a passare da lì, vede l’espressione della genitrice e saggiamente ricorda di avere cose da fare al capo opposto della casa. O del continente.
-Figlia, mi riferisco al fatto che ormai sei cresciuta. Sei adulta.
-…
-Vai a vivere con tua sorella. Vai a vive in una casa. Questo significa…


-… pulizie, responsabilità, cucinare. Ce la farai?
-prima o poi.
-nel giro di qualche settimana?
-…
-…mese?
-prima o poi.
Alza lo sguardo al cielo, guarda mia sorella, sospira e le dice:
-povera te.

Cinque giorni dopo è iniziata la Convivenza.