Natale non aiuta il mio fragile
sentimento di adultitudine.
Sarà l’essere seduta
costantemente al tavolo dei bambini, anche se adesso il più piccolo di noi ha
18 anni. Saranno le nonne che continuano a pizzicarmi le guanciotte, o a darmi
pacchette sulla schiena dopo che ho bevuto l’acqua. O Madre e padre che vogliono
essere avvisati circa i miei movimenti, quando arrivo nei posti (“Mi chiami
quando arrivi?” “Madre, vado a casa dell’amica storica, a 2 minuti a piedi”, “sì,
ma tu chiama”). Sarà dormire nella cameretta, immutabile da quando ho 12 anni,
verde pistacchio e rosa, con ancora appesi i poster dei miei 17 anni. Saranno
tutte queste cose.
Sarà anche che non mi devo
preoccupare di cucinare, ma il cibo è già lì pronto. O che madre si è messa a
ridere quando mi sono proposta di aiutarla in cucina. E poi ha telefonato a mia
zia per raccontarglielo. E ridevano al telefono. E poi è arrivata mia Nonna, ha
voluto sapere perché ridessero, glielo hanno detto e si è messa a ridere anche
lei. Insomma, avete capito.
Sarà che il pigiama con il quale
dormo qui ha sopra degli orsetti che sciano.
Eppure…
Eppure le amiche di mia madre non
fanno altro che dirmi che “bella giovane donna” io sia diventata. Eppure mi
trovo a proteggere i miei nonni dalle brutture che capitano. Eppure mi trovo a
sollevare i carichi pesanti per Madre.
E se l’adultitudine non fosse una
cosa che ti trovi addosso all'improvviso, ma un processo che arriva piano
piano?
Non lo so. Domanda troppo
difficile. Mi rimetto addosso gli orsetti e ci penso.