Ottobre.
Telefono con la mia migliore amica (se mi
leggi, C., sappi che mi manchi e voglio tornare all’università a vivere con
te).
-Mi è venuto a trovare a Roma mio
fratello, solo noi due, ormai è grande.
-No che bello, ma quando abbiamo iniziato
l’università era un bimbo.
-Eh, si, ma è un maschio adolescente, sai
che a quell’età sono un po’ difficili.
-Sono difficili, si, io vedo i miei
cugini.
Momento di silenzio.
-C., abbiamo appena parlato degli
adolescenti come se noi lo fossimo state secoli fa?
-Si.
-Dovevamo fare un patto suicida molto
tempo fa, prima di arrivare a questo punto.
-Eh.
-Eh.
Momento di silenzio in cui contempliamo
l’infinito.
-Che poi io mi sento ancora incasinata
come un adolescente, ma con mille problemi in più.
-Anche io.
-Vabbè dai, ma a un certo punto migliora,
no?
-…
-C., parlami.
-Beh… mi è capitato di parlare con mio
cugino, quello di 35 anni…
-Migliora vero? Intorno ai 35 anni avremo
la nostra shit together, vero?
-Ehm… in realtà….
-NO?
-No, a 35 anni è incasinato come noi.
-Almeno a questo giro ci arriverò
preparata. Non come quando mi avevano detto che i brufoli passano a 18 anni. O
come quando mio padre mi aveva convinto ce se non ti fai la ceretta, i peli
superflui cascano da soli a 13 anni.
-Quindi è per questo che nelle foto delle
tue medie sembri Frida Khalo?
-Per i peli. Per la stazza ero Diego Rivera.
Altro minuti di silenzio, in
contemplazione delle medie come periodo orribile.
-
C., mi manchi.
-
Anche tu.
-
Come l’aria.
-
Come l’aria.
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